The Cove
di Louie
Psihoyos (USA, 2009, 94’)
The Cove
é uno dei documentari più scioccanti degli ultimi anni e merita sicuramente
di essere nominato all’Oscar.
Diretto da
Louie Psihoyos, alla sua prima regia, ma già fotografo per il National
Geographic e fondatore della Oceanic Preservation Society, il film rivela
uno dei segreti più oscuri legato al commercio e al massacro clandestino di
delfini di una piccola cittadina giapponese chiamata Taiji. Proprio questo é
il luogo dal quale provengono la maggior parte dei delfini destinati ai
parchi acquatici più famosi del mondo, venduti fino a $ 150.000 ciascuno.
Il resto viene invece macellato per il mercato della carne di
delfino.
Paesaggi
affascinanti, templi buddhisti dall’architettura maestosa, spiagge
naturalistiche incredibili e tra le strade del centro statue e murales che
raffigurano delfini, considerati la mascotte della città. In realtà sono
veramente in pochi a sapere che cosa succede realmente a Taiji. A
rivelarcelo é Ric O’Barry, famoso per essere stato l’addomesticatore dei
delfini protagonisti della famosa serie televisiva Flipper. Dopo aver
visto morire fra le sue braccia Kathy, uno dei “mammiferi attori”, si é reso
conto della sofferenza che quell’animale aveva provato fino ad allora e per
questo nei successivi 35 anni ha cercato di proteggere e liberare quanti più
delfini in cattività fosse possibile e ha pagato, spesso, un caro prezzo con
arresti e denunce.
É O’Barry a
indirizzarci tra le strade di Taiji, portando una mascherina e facendo finta
di guidare come un vecchio signore del posto pur di non farsi riconoscere.
L’atmosfera é quella di uno spy-thriller: c’é sempre una macchina che lo
segue, polizia o pescatori locali che lo conoscono bene perché é lui il
nemico numero uno di Taiji. Quando un occidentale come O’Barry o Psihoyos,
con e senza telecamere, si avvicina alle zone proibite, delimitate da
cartelli di divieto di oltrepasso e filo spinato, i locali cercano sempre di
scatenare una reazione violenta in modo da farlo arrestare ed estradare dal
paese.
É per questo
motivo che Psihoyos, seguendo i consigli di O’Barry, decide di ingaggiare
una squadra di esperti che gli permetteranno, con le loro abilità, di
filmare il macello dei delfini: una coppia di sommozzatori, esperti tecnici
e operatori che conoscono bene tutte le tecnologie necessarie per catturare
il dramma del covo senza che nessuno se ne accorga. La missione richiede
l’uso di telecamere termografiche, telecamere subacquee, altre
radiocomandate per le riprese aeree e altre non rilevabili e ben nascoste
all’interno di finte rocce in punti strategici. Le immagini sono cruente,
non é necessario nessun commento. Si sentono solo i gemiti dei delfini
massacrati contro le risate dei pescatori.
Questo
documentario non punta solo su quelle immagini catturate di nascosto nel
covo, ma espone anche molti altri argomenti. Conosciamo i delfini per la
loro intelligenza, simpatizziamo con i ricordi di O’Barry e con le emozioni
dei sommozzatori che parlano delle loro esperienze con i mammiferi. Veniamo
a conoscenza della inadeguatezza e corruzione della International Whaling
Commission che dovrebbe proteggere tutte le specie di cetacei negli oceani,
ma che al contrario permette il massacro dei delfini a Taiji per interessi e
soldi elargiti dal Giappone ad altre nazioni. Il regista ricorda anche lo
scandalo di Minamata, cittadina giapponese dove una corporation locale, la
Chisso, scaricava illegalmente mercurio nelle acque locali, avvelenando così
tutti i pesci e cetacei delle acque circostanti. La quantità di mercurio
presente nella carne di delfino era risultata essere la causa delle
malattie, deformazioni e morti premature di molti bambini della zona. Anche
i bambini di Taiji fino a poco tempo fa consumavano ancora carne di delfino
nelle scuole, all’insaputa dei genitori che a loro volta la compravano al
supermercato perché etichettata come carne di balena.
L’obiettivo del
regista non é solo voler mostrare il macello dei delfini, ma far conoscere
la verità e trovare nelle persone la sensibilità per fare qualcosa per
cambiare. Taiji non é l’unico posto dove ogni anno vengono uccisi 23.000
delfini, ma purtroppo poche persone ne sono a conoscenza, soprattutto perché
queste operazioni sono completamente tenute all’oscuro dal governo e dai
media giapponesi.
Per questo é emozionante vedere
O’Barry che riesce finalmente ad infiltrarsi ad una conferenza della
International Whaling Commission, indossando un’imbracatura con uno schermo
che mostra le immagini registrate dalla squadra di Psihoyos, o ad un
incrocio nelle strade di Tokyo mentre centinaia di passanti camminano avanti
e indietro. Molti si fermano e guardano scioccati, altri sono incuranti. La
colonna sonora infine accompagna in maniera commovente delle immagini
subacquee di delfini che liberi nuotano nelle acque di un oceano dove la
presenza umana é lontana.
Vanessa Crocini è
nata a Prato nel 1982. Si è laureata al Dams di Bologna dopo aver vinto una
borsa di studio per un anno presso la Università della California di Santa
Barbara dove ha messo in pratica la sua passione per il montaggio. Ha lavorato
in produzione di serie televisive, video musicali e pubblicità in Italia e a Los
Angeles. Ha completato un programma post – laurea alla UCLA, dove si è
interessata maggiormente alla produzione di documentari e web series. Ha
realizzato la serie High School Love per Bonsai TV e lavorato sul documentario
di Alessandro Rocca, La Lista del Console, girato in Rwanda. Attualmente sta
lavorando al suo documentario su una comunità di anziani ad Orange County in
California e si occupa della produzione video di siti internet americani ed
italiani per l’ambiente. |