Università Statale di Milano

Anno accademico 2003-2004 Laurea in Lettere Moderne

Titolo della tesi: TRA AVANGUARDIA E DOCUMENTARIO: IL CINEMA DI UBALDO MAGNAGHI

Autore: Cristina Gastaldi

Relatore: prof. Raffaele De Berti

 

Correlatore: prof. Gabriele Scaramuzza

Estratto della tesi:

L’oggetto di questa tesi è una monografia sull’opera cinematografica di Ubaldo Magnaghi, documentarista milanese nato nel 1903 e attivo tra gli anni ’30 e gli anni ’60. Di particolare interesse è il periodo che va dal 1932 al 1936, anni in cui Magnaghi esordisce nel documentarismo facendo tesoro delle avanguardie cinematografiche europee degli anni ’20. A questo periodo si riferisce tutta la prima parte della tesi, mentre la seconda si occupa degli anni che vanno dal 1938 al 1964, anni in cui Magnaghi prosegue l’attività di documentarista in apparati più istituzionali: l’Istituto Luce e la Incom.

A queste due parti si riferiscono fonti molto differenti. Per quanto riguarda gli anni ’30, la fonte principale è rappresentata da un fondo di materiale filmico e cartaceo conservato all’Archivio Storico del Film della Fondazione Cineteca Italiana, presso la quale la figlia di Magnaghi ha depositato tutto il materiale in suo possesso relativo al padre. Si tratta di pellicole in formato ridotto a 16 mm., in bianco e nero e non sonorizzate che corrispondono a film o, più spesso, a frammenti di film realizzati tra il 1933 e il 1936, di cui la Fondazione Cineteca Italiana conserva l’unica copia. A causa delle numerose giunte che sono state riscontrate sulle pellicole, non è stato possibile dire con certezza se si tratti delle copie definitive destinate alla proiezione o, piuttosto, di copie lavoro rimaste nelle mani del regista. Per la datazione e la catalogazione delle pellicole e per il loro inserimento in un processo produttivo è stato fondamentale il ricorso al materiale cartaceo, consistente in articoli e recensioni trovate su riviste dell’epoca e a lettere conservate nel fondo succitato. In particolare, di grande interesse sono risultate le lettere scritte a Magnaghi da Francesco Pasinetti, regista e storico del cinema legato a Magnaghi da un rapporto di forte stima e amicizia. Per quanto riguarda la seconda parte della tesi, la fonte principale è rappresentata dall’Archivio Fotocinematografico dell’Istituto Luce, recentemente digitalizzato e messo in rete.

La ragione per cui è stata dedicata maggiore attenzione alla produzione degli anni ’30 non va ricercata solo nell’unicità e nel valore delle fonti, ma anche in un duplice motivo artistico-storico. Da un punto di vista artistico, l’attività culturale milanese negli anni trenta è molto vivace: stimolato dai diversi dibattiti sulle sperimentazioni in campo cinematografico, Magnaghi si inserisce nel documentarismo italiano senza dimenticare l’esperienza delle avanguardie cinematografiche europee degli anni venti. Impressionismo ed espressionismo, ma anche e soprattutto l’attenzione a generi e autori specifici, come le sinfonie urbane, Carl Theodor Dreyer e Ewald Andreas Dupont, si ritrovano nell’opera cinematografica di Magnaghi. Molto influente sul regista è soprattutto il futurismo italiano, l’avanguardia che, in un certo senso, dà inizio alla ricerca sperimentale novecentesca. Nei temi, in particolare quello dell’industria, e in diverse soluzioni visive troviamo l’impronta futurista: i meandri delle fonderie e l’impatto della vita moderna sull’architettura urbana sono, infatti, tra gli oggetti dei film di Magnaghi.

Dal punto di vista storico, d’altra parte, è di grande interesse il contesto produttivo in cui Magnaghi inizia a lavorare: la sezione cinematografica dei Gruppi Universitari Fascisti, i Guf. La produzioni dei Cineguf erano realizzate con pellicole a formato ridotto che, pur presentando il limite dell’impossibilità di essere sonorizzate, avevano diversi vantaggi, primo fra tutti il basso costo. A questo fattore va aggiunto il fatto che, trattandosi di produzioni non commerciali, i film, quasi sempre cortometraggi, dei Cineguf non erano sottoposti alle leggi del commercio e del gusto del pubblico e, paradossalmente, nemmeno alla censura del regime fascista. Tali condizioni permettevano, all’interno dei Cineguf, una possibilità di sperimentazione che nella produzione commerciale non era ammessa e che è, invece, centrale nei cortometraggi realizzati da Magnaghi. Dall’inizio dell’attività cinematografica di Magnaghi, nel 1932, al 1936, data in cui il periodo milanese pare concludersi, sono molte le evoluzioni della poetica e dello stile del regista. Se le prime produzioni, come Mediolanum (1933) o Sinfonia del lavoro e della vita (1934), eccedono talvolta nelle inquadrature ardite, per il tentativo di uscire da un documentarismo troppo lineare, gli ultimi film danno risultati notevoli. Il 1936 è l’anno in cui vedono la luce i due migliori lavori di Magnaghi: il documentario Giochi di vela – Bianchi e neri ghioggioti, connubio lirico tra realismo e astrattismo, e l’unico cortometraggio di finzione, Il caso Valdemar, realizzato in collaborazione con Gianni Hoepli.

Negli anni ’40, ’50 e ’60 Magnaghi prosegue il percorso all’interno del documentario, ma in enti fortemente istituzionalizzati, quali l’Istituto Luce e, dal 1953 la Incom, che alla sperimentazione lasciano ben poco spazio. Oltre a Istituto Luce e Incom, Magnaghi lavora anche per le sezioni cinematografiche di alcune industrie specifiche, come la Montecatini e la Snia Viscosa. Rispetto alla produzione precedente, dunque, Magnaghi rimane coerente alla sua passione per il genere documentario, non narrativo, e in particolare per il documentario industriale. Accanto all’estetica delle macchine, perseguita dal regista sin dai primi documentari, si fa strada l’attenzione per l’elemento umano, probabilmente derivata dal successo artistico del Neorealismo.

Ubaldo Magnaghi muore nel 1979.

Quella di Magnaghi è dunque una figura che rimane marginale rispetto al cinema commerciale, sia in quanto autore di un genere trascurato dalla cinematografia professionale, sia perché estraneo all’influenza delle correnti a lui contemporanee: negli anni ’30 rimane lontano dalla commedia dei telefoni bianchi e dal film storico; dopo la guerra non passa al film di finzione al contrario di molti documentaristi, benché ne abbia le possibilità.

Ciononostante rappresenta una realtà molto radicata e talvolta – in particolare nel periodo gufino – originale, ancora poco studiata.

Dati dell’autore

Nome e Cognome: Cristina Gastaldi

Indirizzo e-mail: cristinagastaldi@tiscali.it

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