Università di Roma Tre

Anno accademico 

2006/2007

Laurea in

DAMS, indirizzo "regista-programmista"

Gli aspetti finzionali della cinematografia documentaria.

Il caso di: The Road to Guantanamo, di Michael Winterbottom.

Autore: Daniele Carucci

Relatore: Ivelise Perniola

 

 

 

 

Estratto della tesi:

 

In questa Tesi divisa in tre sezioni, ho affrontato il tema del genere cinematografico tracciando un parallelo tra la fiction e la non-fiction, la cosiddetta cinematografia documentaria. Ho analizzato i punti di contatto tra i due generi e i punti di divergenza cercando di arrivare ad una definizione di cinematografia documentaria e tentando di applicare i risultati di questa mia opera di parallelismo su una pellicola del regista inglese Michael Winterbottom: The Road to Guantanamo (2006), pellicola che presenta aspetti documentaristici ma anche aspetti tipicamente finzionali.

Nella prima parte della tesi ho accostato la regia finzionale e quella documentaristica ovvero, mi sono concentrato su tutte quelle opere ben inserite nell'uno o nell'altro genere che spesso si affidano a livello di registro cinematografico, a prestiti stilistici derivati da altri generi, in poche parole ho analizzato il perchè molti film di finzione utilizzano una regia documentaristica e viceversa i documentari si affidino ad aspetti finzionali. Il motivo di questi prestiti è per me da ricondurre a tre aspetti comuni dei due generi cinematografici ovvero: la ricerca insita in ogni soggetto cinematografico del dramma e dell'aspetto poetico, la natura finzionale di qualsiasi immagine cinematografica sia essa ricostruita da un regista o derivata da un documento, anche per la loro appartenenza ad uno stesso materiale derivato dalla realtà, e infine l'aspetto di alcuni contenuti e tematiche che ritornano sia nella fiction che nella non-fiction. Questi tre aspetti generali della cinematografia e che hanno valore fondativo a livello di rappresentazione della realtà sul grande schermo, fanno si, che un documentarista “libero” senta l’esigenza di affidarsi a modi di produzione finzionali per esercitare la sua visone e poetica su una determinata realtà, viceversa un regista di film di finzione, adotterà un registro documentaristico nel perseguire lo stesso intento del documentarista.

Nella seconda parte della tesi ho tentato di dare una definizione di cinematografia documentaria e quali caratteristiche debbano avere delle pellicole per essere definite dei documentari. Nel dare questa mia definizione sono partito da un altro aspetto comune tra fiction e non-fiction che risiede nel fatto che tutte le opere di entrambi i generi cinematografici sono basate su una selezione, interrogazione e rappresentazione della realtà operata dai registi, ma mentre il regista di opere finzionali mantiene un totale controllo sulla realtà e sui materiali di essa che sta utilizzando per il suo film, il documentarista lascia sempre la sua opera aperta all'imprevisto, lascia che il suo film venga modellato in una certa misura dalla manifestazione da lui incontrollabile e, a volte, non interpretabile della realtà, quindi un documentario è un film che in qualsiasi fase della sua lavorazione è aperto all'inatteso e all'incontrollabile.

Nel tentativo di trovare delle caratteristiche peculiari della cinematografia documentaria rispetto a quella di finzione, mi sono avvalso delle teorie di Cesare Zavattini riguardo il grado di realismo nel cinema e la sua intuizione riguardo «Il soggetto pensato durante». In particolar modo mi sono soffermato su tre aspetti frutto dei ragionamenti di Zavattini sul grado di realismo nel cinema: osservazione partecipante, film inchiesta e soggetto pensato durante. Dall’analisi di questi tre aspetti ho dedotto che la differenza tra cinematografia documentaria e fiction è da riscontrarsi nel minore grado di controllo, della cinematografia documentaria nei confronti della realtà rispetto la fiction. Intendo la minore apertura che i film di finzione hanno nei confronti della realtà nel momento in cui la interrogano a priori costruendo un impianto narrativo pressoché inalterabile nella sostanza, mentre la cinematografia documentaria non si affida esclusivamente a soggetti pensati prima a priori, ma rimane a dialogare sempre con la realtà in qualsiasi momento creando soggetti pensati durante.

Nella terza e ultima parte ho applicato le conclusioni dedotte dalle prime due sezioni della tesi, all'analisi di The Road to Guantanamo un film del regista inglese Michael Winterbottom che molti critici hanno collocato, per comodità, nell'ibrido genere cinematografico che è il docu-drama. A mio avviso, invece , The Road to Guantanamo è da considerarsi un vero e proprio documentario e il suo aspetto documentaristico risiede nelle scene in cui i tre ragazzi deportati a Guantanamo raccontano la loro storia, in queste scene manca completamente la figura del regista che non è presente ne come intervistatore ne come interlocutore dei ragazzi che si rivolgono direttamenta allo spettatore con uno sguardo fisso in macchina. Questa assenza del regista nelle scene che sono la colonna dorsale del film fa si che l'opera di Winterbottom si lasci guidare e modellare dalla realtà e dalla verità dei tre ragazzi e anche dall'imprevisto delle loro dichiarazioni non mediate dal regista (baso questa mia ultima affermazione sul fatto che i tre ragazzi non abbiano avuto un copione da recitare). Il fatto che le vicende vissute dai tre ragazzi siano ricostruite da attori e ambientate in scenografie create appositamente per il film, è un operazione che il regista ha ritenuto necessario per dare un livello visivo alle parole dei ragazzi.

In conclusione ritengo che The Road to Guantanamo è da considerare un documentario nel momento in cui, nelle scene delle testimonianze dei tre protagonisti la loro verità e realtà delle cose è talmente fuori dal controllo di Winterbottom da spingere il regista inglese a sparire da queste sequenze di non mediare e interagire al loro racconto, lasciando la guida del film alla visione e lettura degli eventi dei ragazzi. La presenza di Winterbottom è rintracciabile solo negli aspetti finzionali del film ovvero, le ricostruzioni con gli attori che sono il tentativo del documentarista Wintebottom di esercitare una sua lettura su una realtà a lui sconosciuta e incontrollabile.

Più in generale come conclusione della mia tesi posso affermare che la realtà non si limita ad ispirare il documentario come fa con la fiction ma, lo condiziona e modifica in ogni momento della sua lavorazione. La realtà che si manifesta nel documentario è spesso fuori dal controllo del documentarista, il quale non può far altro che tentare una lettura e interpretazione personale della realtà ricreandola anche con aspetti finzionali.

 

 

Dati dell’autore

Nome e Cognome: Daniele Carucci

Indirizzo e-mail: daniele.carucci@libero.it