IL CINEMA DI RAYMOND DEPARDON

Celebre fotoreporter e cineasta contemporaneo, Raymond Depardon rappresenta un rarissimo caso di passaggio riuscito dal primo al secondo mestiere. Senza confondere i due dispositivi, fotografia e cinema, Depardon si regala il privilegio di passare con disinvoltura dall’uno all’altro.

Raymond Depardon ha esordito nel documentario in stile diretto sulle istituzioni francesi per poi passare alla fiction, dove fa "del diretto su se stesso". I confini canonici dei generi non sono per lui un ostacolo. Depardon gira dei documentari con i mezzi della fiction, si veda per esempio Delits flagrants, ma delle fiction, come Paris, con quelli del documentario.

La sua opera suscita interesse proprio per la posizione singolare e controcorrente che essa occupa nel panorama cinematografico contemporaneo.

In questo saggio si è tentato di congiungere un interesse monografico, tanto più legittimo considerata l’esiguità dei contributi degli studi italiani sull’autore, con un’indagine che mira a cogliere nell’opera di Depardon i legami che intercorrono tra modernità cinematografica, ricorso a elementi autobiografici e fotografia.

Ad una esposizione cronologica di tutte le realizzazioni dell’autore fino ad oggi segue l’esame delle teorie della modernità cinematografica a cui poi il testo farà costante riferimento. Successivamente è stato applicato su due film recenti ed esemplari un metodo di analisi filmica per segmentazione in unità di contenuto, in modo da consentire la rilevazione degli elementi tematici e formali tipici dell’autore, e la loro familiarità con gli stilemi propri della modernità cinematografica. E’ stata inoltre evidenziata l’importanza del ricorso ad elementi e strutture autobiografici nell’opera di Depardon sia nella produzione cinematografica sia in quella fotografica.

Nelle opere di Depardon l’autobiografia filmata e la forma diaristica sono da considerare come elementi facenti parte di un più ampio movimento moderno di apertura al fenomenico. Il cinema di Depardon si nutre alla base delle intuizioni di Rossellini, ma non solo, per finire accanto ai fratelli Lumière, cioè alle origini del cinema, nello stupore verso l’ordinario che precede ogni elaborazione drammatica, nel gusto pre-cinematografico dei corti costruiti sull’accostamento di fotografie.

Contro la saturazione del visibile, il metodo depardoniano non mira a cercare nuove immagini vergini e spazi dell’immaginario incontaminati da colonizzare, ma piuttosto di condurre una ricerca sui tempi "invisibili" di un materiale preesistente, che è quello dell’esperienza quotidiana e anti-esotica di ogni individuo.